lunedì 26 agosto 2013

L'ANGELO RIBELLE

I suoi occhi raccontano di favole e dolori, 
magie e sogni, estasi e piaceri 
a pochi conosciuti. 
Il suo corpo porta segni di antichi dolori, 
battaglie recenti, cicatrici profonde
che il tempo non cancellerà. 
La sua  bocca porta in sé 
l’essenza della vita, 
della passione, del sacro fuoco 
che brucia tutto ciò che incontra. 
Continuerà a percorrere altre lande e
regni, in mondi finora sconosciuti,
 andando incontro ad ignoti poeti, pazzi, 
marinai e cantastorie da una notte. 
La sua vita è un eterno viaggio,
una corsa nel buio
alla ricerca della luce. 
Porta la Luce, ma non può vederla 
può solo farne dono.
Questa è la sua dannazione. 
Il suo manto non è bianco, la sua anima si. 


 La bambina col cappotto azzurro-cielo
La bambina col cappotto azzurro- cielo@copyright

venerdì 23 agosto 2013

L'amore...se include tutto

Abrazo amoroso -  Frida Kahlo
Delle tante definizioni che ho letto e che io stessa ho dato dell'amore, questa di Frida Kahlo, artista e donna straordinaria, è quella che, per me, meglio rappresenta il significato dell'amore di coppia. Se l'amore deve essere totale, o non essere affatto.
"L’amore? 
Non so. 
Se include tutto,
anche le contraddizioni 
e i superamenti di sé stessi,
le aberrazioni e l’indicibile, 
allora sì, 
vada per l’amore. 
Altrimenti, no."


martedì 20 agosto 2013

L'AMORE VALE SEMPRE OGNI CENTESIMO DEL SUO PREZZO

Illustrazione: Zubas Martiashvili
Sono in lotta con me stessa, con il mio passato e il mio presente: è una lotta tra cuore e mente, ragione e sentimento, paure e impulsi. Prendere il volo con te o rimanere a terra? Quanti dubbi....Ma già il fatto che io stia lottando è positivo: esistono cose nella vita per le quali vale la pena di lottare. Certo esistono anche le sconfitte: è inevitabile, nessuno può sfuggirvi. Ma è meglio essere sconfitti che non aver lottato affatto. Convivo con la mia solitudine, non mi fa paura anzi spesso la cerco, la mia indipendenza l’ho conquistata a caro prezzo e ne sono orgogliosa: è difficile far entrare qualcuno nel mio mondo, spezzare un equilibrio costruito dopo tante sofferenze. Pensi di amare qualcuno per sempre invece un giorno ti ritrovi sola con te stessa a fare i conti col passato, incapace di reagire e affrontare il futuro.Vai avanti per inerzia, cerchi di sopravvivere ai ricordi, finché col tempo ti rendi conto che stare sola non è così male anzi ha i suoi indubbi vantaggi: nessuno a cui rendere conto, nessuno con cui litigare, nessuno che rischi di farti soffrire o deluderti.  Eppure qualcosa manca: complicità, emozione, passione. Passione. Per me la passione è tutto, é in ogni cosa: nel lavoro, nell'amicizia, nello sport, nel ballare, passione per una canzone, un film, un libro, passione per lo scrivere, per il cibo, per il sesso, passione per la vita. Passione è amare, godere, assaporare, gustare. La passione è sempre più forte della ragione, anche se cerchiamo di soffocarla ci spinge a uscire da noi stessi per consumarci, per spendere ciò che siamo, per sentirci totalmente vivi, finalmente liberi. Senza passione non si vive veramente...Senza passione siamo uguali agli altri, è la passione che ci rende unici.
Illustrazione: Hassan Manasrah
Non trovo passione in un'avventura da una notte, può succedere ed essere piacevole ma voglio di più. Cerco il coinvolgimento totale, non mi accontento delle mezze misure.... Certo mi fai paura, sento che mi coinvolgi totalmente, anima e corpo, desideri e voglie che credevo dimenticate e che riaffiorano prepotenti e vive, impulsi animali e tenerezza e anche paure, paure e confusione … e questa lotta senza tregua dentro di me … prenderti o lasciarti andare? Ho solo una vita per essere felice o almeno provarci ... una vita per amare, godere, vivere le emozioni... Mi ripeto: prova tutto senza paura, mettici l'anima, ferma le sensazioni e vivile fino in fondo, ascolta il cuore e non la testa. Assapora ogni attimo ed ogni volta avrai il cielo tra le mani … E questo cielo lo voglio... Con te. Voglio vivere la passione fino in fondo, sempre.


 La bambina col cappotto azzurro-cielo
La bambina col cappotto azzurro- cielo@copyright

domenica 18 agosto 2013

Liberatevi dalle persone parassite

Illustrazione di Sascalia
Liberatevi dalle persone ‘parassite’ che vi stanno addosso succhiandovi energie, idee, tempo e vita. 
Da opportunisti, avari, avidi e superficiali che sfruttano le vostre mancanze di ‘sano egoismo’.
Dedicatevi a chi vi fa ridere, pensare, crescere. 
L’albero non ospita i nidi di tutti gli uccelli, ma solo quelli compatibili con la propria indole, con l’armonia, l’intrico e la resistenza dei suoi rami.


 U. Longoni - Gli alberi non ingrassano








lunedì 12 agosto 2013

SCALARE LE NUVOLE

Apro lentamente gli occhi e mi guardo intorno. C’è un buio totale nella stanza, nessuna luce filtra dalle finestre.  Impiego un po’ a capire dove mi trovo. L’unico rumore è il gocciolio monotono del liquido nella flebo mentre scende verso il mio braccio.  Provo a sgranchirmi le gambe ma non ci riesco, al di sotto del mio bacino non sento muoversi niente. Alzo la testa quel poco che basta a consentirmi di guardare il resto del mio corpo, intravedo la forma delle gambe sotto il lenzuolo e questo mi tranquillizza.  Plop, plop, plop. La flebo continua a gocciolare lentamente. Richiudo gli occhi… mi sento così stanca…Marco dove sei?

Eccolo, ora lo vedo. Un ragazzo sta salendo, supera spedito gli ultimi metri di roccia con movimenti sciolti e potenti. L’aria calda dell’estate aleggia in un alone luminescente, giù a valle si suda e anche in quota le gambe si stancano in fretta. Sono salita con alcuni amici sulla cima,  dal versante panoramico che sale dal rifugio in quattro ore di cammino. Me ne sto appoggiata sulle pietre a gustarmi la visione del fondovalle, quando dalla parete nord, la più difficile, vedo arrivare un ragazzo abbronzato che avanza  con padronanza, agile e leggero come un animale. Con un balzo supera l’ultimo spuntone di roccia, si siede poco lontano da me. Gli porgo la borraccia e lui beve avidamente. Poi mi sorride. Si chiama Marco. Rimaniamo l’uno accanto all'altro ad ascoltare il vento, in silenzio.  

Quel giorno la mia  vita e quella di Marco diventano una sola. Siamo come una cordata: avanziamo uniti, e se cade uno, cadiamo entrambi. Devo imparare a convivere con la paura. Ho paura ogni volta che lo vedo partire con lo zaino in spalla, ho paura quando lo aspetto nella tenda a fondovalle e lo vedo salire sulle rocce e diventare sempre più piccolo, perdersi tra le nuvole, e ridiscendere dopo ore interminabili. 
Quando aveva fatto dell’alpinismo il suo mestiere, Marco aveva concluso un patto con se stesso: era pronto ad accettare tutto quello che sarebbe potuto succedere. Qualsiasi cosa. La vita di uno scalatore è pericolosa, inutile negarlo. E per lui, questo implicava che non ci potevano  essere legami, famiglia, figli, nessuno ad aspettarlo, nessuno che potesse soffrire della sua scelta. Lassù, i sentimenti potevano essere una debolezza. E le debolezze non sono ammesse.  
Nonostante questa sua decisione, non ha potuto impedirmi di entrare nella sua vita. E' stata la cosa più naturale del mondo, incontrarci, amarci, decidere di stare assieme. Io non gli avrei mai chiesto di rinunciare all'alpinismo, sarebbe stato come chiedergli di rinunciare ad un braccio o una gamba.   Gli ho semplicemente chiesto di fare del mio meglio per ritornare da me ogni volta.


Ce ne stavamo distesi tra le mandrie al pascolo. Da lì il cielo sembrava altissimo e tutto azzurro sopra di noi. La montagna scintillava nella sua corazza di ghiaccio. L’eco delle pietre che rotolavano rimbalzava da uno strapiombo all'altro e  ci giungeva alle orecchie il sibilo lontano delle slavine. Quel giorno ci siamo baciati a lungo e abbiamo fatto l’amore sull'erba vellutata di giugno, mentre il ghiacciaio bruciava in un incendio di fuoco al tramonto. Mentre lui mi fissava  con quei grandi occhi azzurri che sapevano aprirsi varchi dirompenti dentro me, gli ho sussurrato: “Tu va oltre le nuvole, vai lassù e tocca il cielo con le tue mani, parla con il vento, gioca con le aquile. Ma poi guarda giù a valle,  io sarò là ad aspettarti. Prometti che farai del tuo meglio per tornare sempre da me…” E Marco aveva promesso. 

Illustrazione: Samy Charnine
Non ero esperta come lui, erano pochi anni che mi arrampicavo e sempre su vie facili, ma ero appassionata e imparavo in fretta. Marco ridendo diceva che ero nata al mare ma ero montanara dentro.All'inizio rimanevo giù a guardarlo, seguendo i suoi movimenti metro per metro.  A volte mi diceva che era come se avesse quattro occhi,  quattro mani e quattro piedi, perché anche se rimanevo in basso, mi poteva sentire salire su, con lui fino alla cima a dargli forza in ogni momento. Ma col tempo aspettarlo non mi bastava più, avevo cominciato a seguirlo nelle pareti meno impegnative. Cercavo di sconfiggere le mie paure, mi lasciavo guidare da lui,  mi fidavo completamente. Sulla roccia eravamo una persona sola, ci muovevamo e respiravamo all'unisono, qualsiasi cosa accadesse eravamo assieme "cado io, cadi tu"..  Anche quel giorno gli avevo chiesto di seguirlo, anche se la parete era più difficile del solito per me, per lui era un'allenamento normale. 

Tutti, da bambini, siamo saliti più in alto di quanto non osavamo nemmeno sperare. Forse è solo quella sensazione che inseguiamo. Toccare il cielo, esserne parte, sentirsi liberi. Ogni ascesa è un viaggio, un’esperienza unica in cui l’emozione si fa intensa, profonda imprigionando l’animo fin nell'intimo e a nulla vale riandare alle esperienze passate. E’ come se ogni volta fosse la prima volta, in una sorta d’eterna riscoperta di  qualcosa di già noto, che però mantiene il sapore fresco e intatto della novità.   Certo se si vuole ottenere molto, bisogna essere disposti a pagare molto. Soltanto così è possibile entrare dentro le cose, oltre l’apparenza, fino a viverle, a sentirle come proprie in un’ osmosi che non ha confini, persi in una dimensione dove l’essere umano si annulla pur mantenendo un fortissimo senso della propria identità.  Lassù non si può mentire. Sì è inevitabilmente a faccia a faccia con sé stessi. Soli. 
Sono passate due settimane dal mio primo risveglio in quello stesso letto d’ospedale. Ben poco è successo. C’è ancora il plop, plop della flebo a scandire il tempo interminabile tra quei quattro muri. Le mie gambe cominciano a riprendersi, fanno male e  formicolano fino a farmi impazzire, ma so che è un buon segno. Dovrà passare ancora tempo prima che possa camminare e chissà quanto prima che possa tornare a scalare ma ce la farò. Voglio tornare al più presto su quella montagna dove Marco mi sta aspettando. 
Quel giornostava andando tutto nel migliore dei modi, eravamo quasi in cima, Marco aveva alzato gli occhi e guardato quella vetta. Conoscevo quello sguardo, era una sfida con la montagna. Voleva raggiungere la cima da una via nuova, cercava un taglio, una deviazione. Imprudenza, incoscienza, troppa sicurezza di se, o troppo amore per la montagna, troppa voglia di esserne parte.   Un attimo, il tempo di spostare il peso da una mano all'altra, lo spuntone di roccia su cui aveva fatto presa si staccò. Improvvisamente. La montagna aveva deciso per noi. 
Cado io, cadi tu. La roccia aveva trascinato Marco  per trenta metri. Io ero ridotta male ma viva, lui si era sganciato da me un attimo prima e così non mi aveva trascinato con se, la mia caduta si era fermata dopo pochi metri. Non ricordo nulla,  questo è quello che mi hanno raccontato. Tante volte avevo temuto che sarebbe successo ma non avevo previsto di risvegliarmi senza di lui. La montagna me l'aveva portato via. Avrei dovuto odiarla, invece non vedevo l'ora di tornare lassù. Per ritrovarlo. Sapevo che lui ora apparteneva alla montagna, per sempre. Sapevo che se c'era un senso alla sua vita e alla sua morte, era che Marco era morto facendo ciò che più amava. Odiare la montagna sarebbe stato come odiare lui. Sapevo che l'avrei ritrovato solo lassù, nei silenzi del vento. Mi avrebbe abbracciato e e saremmo stati di nuovo assieme. 

Dedicato ad A. che ha scalato le nuvole fino a toccare il cielo
Mi manchi.

 La bambina col cappotto azzurro-cielo
La bambina col cappotto azzurro- cielo@copyright

sabato 10 agosto 2013

Non è forse questo l'amore?


 E sapersi avvinti, stretti, allacciati, 
senza esserne mai paghi, 
senza chiedersene il motivo, 
senza pensare se sia giusto o meno, 
abbandonandosi, 
vivendo quel richiamo come la più naturale delle condizioni umane. 
Non è forse questo l’amore?

Vladimir Majakovskij

giovedì 1 agosto 2013

La mia Africa - Il volo....


"Io conosco il canto dell'Africa, della giraffa e della luna nuova africana 
distesa sul suo dorso, 
degli aratri nei campi e delle facce sudate delle raccoglitrici di caffè. 
Ma l'Africa conosce il mio canto? 
L'aria sulla pianura fremerà a un colore che io ho avuto su di me? 
E i bambini inventeranno un gioco nel quale ci sia il mio nome? 
O la luna piena farà un'ombra, sulla ghiaia del viale, che mi assomigli? 
E le aquile sulle colline Ngong guarderanno se ci sono?"



La mia Africa, con Meryl Streep e Robert Redford
tratto dal romanzo di Karen Blixen